La carne non va cotta troppo a lungo
La cottura “al sangue” della carne rossa si associa ad un minore aumento del rischio di tumore del colon-retto. Uno studio spagnolo, multicentrico e caso-controllo, ha approfondito alcuni aspetti ancora non del tutto chiari dell’associazione tra un alto consumo di carni e un aumento del rischio di tumore del colon-retto: il ruolo dei metodi di preparazione (cottura e/o lavorazione) e del tipo di carne consumata (rossa, bianca, frattaglie).
La ricerca ha analizzato le abitudini alimentari di uomini e donne tra i 20 e gli 85 anni, ricoverati in 23 ospedali su tutto il territorio spagnolo: 1.671 di loro per diagnosi di tumore del colon-retto e 3.095 per cause diverse e non tumorali.
L’indagine ha confermato l’associazione tra un alto consumo di carne e un aumento del rischio di tumore del colon-retto. Negli uomini erano le carni rosse a mostrare una significativa associazione con il rischio, mentre nel sesso femminile l’associazione si osservava per il consumo di carni bianche.
I risultati dello studio spagnolo confermano che consumare molta carne lavorata aumenta il rischio di tumore al colon-retto e che una cottura alla piastra o sul barbecue può peggiorare la situazione. La carne non andrebbe mai esposta direttamente alla fiamma e a temperature superiori ai 150 gradi. Importante, nel caso della carne rossa, è anche la durata della cottura: l’eccesso di rischio si ridurrebbe infatti, in entrambi i sessi, se la carne viene consumata poco cotta (al sangue).
Le cotture ad alte temperature, infatti, possono sviluppare composti chimici come le ammine eterocicliche (HAs), i prodotti finali della glicazione avanzata (AGE) e idrocarburi policiclici aromatici (PAHs). Diversi studi hanno collegato questi composti con un aumento del rischio di diversi tipi di cancro, inclusi quelli al seno e al pancreas
Va in ogni caso ricordato che, in Spagna, i livelli di consumo di tutti i tipi di carni sono piuttosto elevati, collocandosi a valori superiori rispetto a quelli rilevati in altri paesi. Elevato, in particolare, è il consumo di carni bianche (20-26 g/die): un dato che potrebbe spiegare l’associazione osservata nella popolazione femminile studiata, tra il consumo di queste carni e il rischio di cancro del colon- retto, in genere non rilevata in altri studi analoghi. In conclusione, da questa ricerca emergono nuovi tasselli a sostegno da un lato al consumo moderato di carni, secondo quanto consigliato dalle linee guida internazionali e, dall’altro, alla scelta oculata dei metodi di preparazione.
De Batlle J, Gracia-Lavedan E, Romaguera D, Mendez M, Castaño-Vinyals G, Martín V et al. Eur J Nutr. 2018 Mar;57(2):643-653. doi: 10.1007/s00394-016-1350-6.